L’hobby preferito di tanti, sui social, è sfottere Renzi a colpi di slogan venuti a noia: democristiano, berlusconiano, dittatore, buffone, medioman, venditore di pentole, etc. Il tutto condito dalla solita foto della Ruota della Fortuna o dell’ultima intervista con la D’Urso. Si sfogano con lo stesso livore con cui si sfogavano in passato, quotidianamente, ammorbandoci con la filastrocca di maniera contro Berlusconi. Vent’anni così e non sono ancora stanchi. E non importa se il nemico sia il leader del più grande partito conservatore italiano (Pdl-FI) o del più grande partito progressista europeo (il Pd). Quel che importa è che un nemico ci sia. Questa è la politica, per loro. Vocazione minoritaria, polemicuzza acida, nostalgismo, contestazione sempre e comunque, snobismo, incapacità di ascolto e di distanza critica.

Stanca di questo chiacchiericcio unico e laterale, che denigra per il gusto di denigrare qualcosa che probabilmente non si conosce bene (la critica seria è altro ed è necessaria, intendiamoci), mi sento solo di dire: meglio così. Quando leggo certe frasette, certi commentini, certe pseudo analisi piene di rabbia e di saccenteria, capisco il perchè di quel 41% e dei tanti sondaggi positivi per il Partito Democratico e per Renzi. Il sistema, la finanza, i poteri occulti, la Bce, la massoneria, il Vaticano, le lobby, l’uomo nero, lo Yeti, l’orco cattivo? No. Un paese che vorrebbe provare a cambiare direzione, umori, abitudini, facce, logiche, apparati, metodi e approcci, all’inizio del nuovo millennio. E questo cambiamento non può non passare prima dalla politica.

Chi dice che Renzi non è di sinistra, dice una cosa sbagliata, ma soprattutto faziosa. Renzi ha molti difetti e non è certo una figura da idolatrare (non lo è nessuno mai, a mio avviso), nè da difendere a priori. L’apporto critico interno, ed esterno, è utile, sempre. Purchè il tema non diventa questa battaglia patetica tra “sinistra vera” e “sinistra finta”. Bisogna chiedersi cosa significhi sinistra e destra oggi, predendo atto di quanto è cambiato nell’arco dell’ultimo secolo, e di quanto deve cambiare ancora. E poi fare due riflessioni serene. Chi ha bisogno di un nemico per esistere, però, non è e non sarà mai sereno. Personalmente, se un avversario mi si profila all’orizzonte, lo riconosco in gente come Matteo Salvini, Maurizio Gasparri, Beppe Grillo. Non certo nel leader di un grande partito democratico, progressista, italiano per definizione ed europeo per vocazione. Un partito imperfetto, certamente, da continuare a rifondare, soprattutto a livello dei singoli territori, ma che incarna idee ed ideali in cui voglio continuare a credere. Insieme a tutta quella gente straordinaria che ho incontrato in questi anni e che combatte battaglie pulite, autentiche, partite dal basso. Battaglie che hanno lo spirito buono, il volto semplice e l’energia vibrante del grande laboratorio Leopolda.

L’unica cosa che conta, oggi, è la parola “futuro”. Essere “futuristi”, sempre, per sguardo e per costituzione. Una parola che va recuperata, proprio dalla nostra generazione a cui è stata vigliaccamente sottratta. Il tempo del livore e del piagnisteo non mi interessa: l’etica del lavoro, della sfida, dell’impegno, della costruzione, della creatività, mi è stata insegnata fin da bambina. Ed è l’unico modo che conosco per rispondere, nel mio piccolo, a questo disagio epocale che ci stritola. Grazie quindi ai tanti compagni di viaggio, vecchi e nuovi. E sottolineo, con orgoglio, “compagni”. Questo post è dedicato a loro. “Il futuro è solo l’inizio”.

Firenze, 26 ottobre 2014
Helga Marsala